Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi sul Reiki. Sebbene ancora troppo pochi e migliorabili dal punto di vista del design scientifico (campioni poco numerosi, difficoltà a misurare l’effetto placebo per tale tecnica) ve ne sono ormai molti sufficientemente accurati da meritare la pubblicazione su riviste scientifiche.
Anche se, come sosteneva Albert Einstein, “Non tutto ciò che conta può essere contato e non tutto ciò che può essere contato, conta”, il rapporto tra Reiki e ricerca scientifica non può essere ignorato e rappresenta una sfida significativa. Questo perchè, come riportato dal dott. Andrew Weil, “qualsiasi ricerca che dimostri che un approccio non fisico può modificare un sistema fisico è estremamente rilevante poichè mette in discussione il paradigma predominante secondo il quale solo un intervento fisico può produrre un cambiamento fisico nell’organismo. Vorrei che la medicina fosse meno vincolata a questa concezione materialistica e la ricerca sulla medicina energetica costituisce una delle vie attraverso cui questo avviene“.
Le considerazioni di Pamela Miles sulla ricerca applicata al Reiki
Pamela Miles, famosa insegnante e professionista del Reiki statunitense con un’esperienza trentennale in campo sanitario, nel suo libro “Reiki. Percepire e liberare la nostra energia spirituale universale” inserisce un intero capitolo sul rapporto tra Reiki e ricerca scientifica. Ci ricorda che la scienza, nonostante ciò che la gente pensa, non ha l’obiettivo di evidenziare ciò che è vero e ciò che non lo è. La scienza misura ipotesi e cioè supposizioni sul rapporto tra due o più cose. La scienza studia il Reiki non per dimostrare che è reale (se non lo fosse non potrebbe essere studiato) ma per capire se fa bene, se è sicuro ed efficace.
Secondo la Miles la ricerca sul Reiki è ai primordi. La letteratura disponibile comprende casi clinici, studi descrittivi e studi randomizzati controllati condotti su un esiguo numero di pazienti. I benefici dei trattamenti Reiki possono essere misurati sia in modo obiettivo che attraverso un’autovalutazione (come per esempio quella che riguarda la percezione del dolore e la qualità della vita). Quando vengono misurati i cambiamenti biologici correlati ai trattamenti Reiki occorre ricordare che questa tecnica non mira alla malattia, ma stimola il ripristino complessivo dell’equilibrio nell’individuo.
Quando i ricercatori studiano il Reiki devono affrontare la questione relativa alla mancanza di una formazione standardizzata senza la quale è molto difficile mettere a confronto un operatore con un altro. La cosa più prossima all’uniformità tra gli operatori è rappresentata dall’addestrarli all’interno di un progetto di ricerca. Inoltre i risultati del Reiki sono fortemente correlati ai bisogni della singola persona ricevente (il Reiki va dove serve, quanto ne serve e raggiungendo il massimo equilibrio possibile in quella situazione, non l’equilibrio ideale che desideriamo noi!). Se gli operatori sanitari vengono formati al Reiki, possiedono anche l’esperienza clinica necessaria per lavorare con i pazienti. Se i pazienti o le persone sane, non operanti nel settore sanitario, imparano la tecnica, si possono studiare gli effetti dell’autotrattamento.
La Miles sostiene che, visto che i trattamenti Reiki sono meno costosi rispetto ai farmaci e alle terapie mediche, si dovrebbe fare più ricerca di alto livello con budget relativamenti bassi.
Non è da molto che la medicina ha iniziato a riconoscere il valore della CAM (Medicina Complementare e Alternativa) e gran parte dei professionisti operanti in questo settore non hanno titoli accademici riconosciuti. Per questo è importante che, se vogliono prendere parte alla ricerca sul Reiki, essi conoscano bene il metodo scientifico con cui vengono realizzati gli studi.
Le evidenze scientifiche dei benefici del Reiki secondo la dott.ssa Maria Danilychev
Anche la dott.ssa Maria Danilychev (medico di San Diego in California specializzato in Medicina Interna, Geriatria, Cure Palliative e Direttore Medico di un Hospice) nel suo articolo “Is There Scientific Proof That Reiki Works?” del 2017 si chiede se ci sono evidenze che il Reiki funzioni da un punto di vista scientifico e non dal punto di vista del Reiki. Nonostante sia anche un’insegnante Reiki, le sue riflessioni come medico davvero sono molto interessanti.
La dott.ssa Danilychev, al di là della sua lunga esperienza con il Reiki, sostiene di avere, come medico e ricercatore clinico, sufficienti prove (frutto dell’osservazione) che il Reiki sia effettivamente efficace per una vasta gamma di situazioni, e che questa efficacia vada ben oltre l’effetto placebo. Tuttavia, le informazioni che si basano su osservazioni non sono accettate dalla comunità scientifica come prova dell’efficacia del Reiki poiché esse hanno un peso molto basso nell’ambito della ricerca ufficiale.
In generale, al fine di dimostrare l’efficacia di qualsiasi modalità di trattamento per qualsiasi indicazione, sono necessarie numerose prove cliniche ben progettate e di alta qualità rispetto al problema specifico che stiamo cercando di studiare e affrontare. Condurre ricerche di alta qualità sul Reiki richiede molto tempo e denaro, operatori ben addestrati, progettazione di qualità, analisi statistiche appropriate e così via. Inoltre, per convincere la comunità scientifica che una particolare tecnica sia effettivamente efficace per qualcosa, è necessario un numero più elevato di studi di alta qualità, in modo che essi possano essere eventualmente analizzati insieme.
Ci sono stati numerosi studi sull’efficacia del Reiki, e anche se alcuni degli studi mostrano una certa efficacia, nel complesso, dati i limiti e l’attuale basso livello di qualità della ricerca, dal punto di vista medico e scientifico, emerge che il Reiki non sia né dannoso né utile.
Questo non significa che il Reiki non funziona! Significa solo che data la qualità della ricerca attuale, possiamo concludere che il Reiki non è dannoso (ottima notizia per i destinatari e i professionisti del Reiki) e non possiamo concludere quanto sia efficace (anche questa una buona notizia considerando le limitazioni degli studi clinici disponibili). Ciò significa che, in base all’evidenza clinica disponibile, un medico generalmente non può nè scoraggiare nè incoraggiare i pazienti interessati al Reiki. Ci vorrà molta ricerca di alta qualità per ottenere prove accettabili per la comunità scientifica. La buona notizia è che se e quando saranno disponibili prove migliori dell’efficacia del Reiki, la comunità scientifica lo accetterà e lo consiglierà persino. Non siamo ancora a questo punto.
Ecco quali sono gli ostacoli alla dimostrazione scientifica dell’efficacia del Reiki secondo la Danilychev:
- La maggior parte degli studi clinici sul Reiki non è ben progettata. Se uno studio clinico che dimostra l’efficacia del Reiki è mal progettato, tale studio sarà ignorato dalla comunità medica e scientifica, poiché non importa quali siano i risultati, se non sono validi, non possiamo basare la nostra pratica su di essi. (questo vale anche per le sperimentazioni sui farmaci e per qualsiasi ricerca scientifica in generale).
- Ci sono sfide oggettive nei metodi di ricerca che possono essere utilizzati per condurre ricerche cliniche nel Reiki (è difficile se non impossibile fare ricerche in doppio cieco perché l’operatore non può non sapere se sta facendo Reiki o no mentre ce ne sono diverse in singolo cieco con il paziente che non sa se è trattato o no).
- I professionisti Reiki in genere non sono ricercatori e i ricercatori non sono in genere praticanti Reiki. Questo equivale a dire che professionisti e ricercatori non parlano (leggono o scrivono) la stessa lingua.
- Il finanziamento per gli studi clinici in Reiki è limitato.
- Il numero di partecipanti alla maggior parte delle sperimentazioni Reiki è solitamente troppo basso (a causa dei costi coinvolti e di altri vincoli), che spesso produce risultati che non sono statisticamente significativi e quindi privi di significato.
Conclusioni
Terminiamo queste riflessioni sul rapporto tra il Reiki e la ricerca sottolineando che gli studi sul Reiki già realizzati sono comunque molto interessanti e che forse conviene seguire i suggerimenti della Miles, no?: “Mentre facciamo congetture sulle possibilità della ricerca, la gente soffre. Che altro dobbiamo sapere prima di offrire il Reiki ai pazienti? Sulla base di una forte evidenza aneddotica e in mancanza di controindicazioni, pur con insufficienti dati provenienti dalla ricerca, molti ospedali di riguardo sono andati comunque avanti“.
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