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L’uso del Reiki in chirurgia: il caso del Portsmouth Regional Hospital

I trattamenti Reiki ai pazienti sottoposti a chirurgia riducono l’utilizzo dei farmaci per il dolore e il tempo di permanenza in ospedale.

Nel 1999 la rivista Journal of Nursing Care Quality ha pubblicato lo studio “Using Reiki to Support Surgical Patients“. I pazienti del Columbia/HCA Portsmouth Regional Hospital (New Hampshire-USA) sono stati sottoposti prima e dopo l’intervento chirurgico a due trattamenti Reiki di 15 minuti ciascuno. Al progetto hanno partecipato più di 870 pazienti che hanno evidenziato: minor uso di farmaci contro il dolore, minor tempo di permanenza in ospedale e maggior felicità.

La storia del Reiki presso il Portsmouth Regional Hospital
In realtà, come racconta Pamela Miles nel suo resoconto del 2004, la storia del Reiki presso il Portsmouth Regional Hospital è lunga e molto interessante. L’ospedale ha fornito oltre 8.000 trattamenti Reiki dal 1995. Questo programma Reiki di grande successo, avviato dall’infermiera Patricia Alandydy, infermiera e Assistand Director of Surgical Service, offre il Reiki in ogni reparto dell’ospedale. Si tratta davvero di un progetto che è d’ispirazione per tutti coloro che sostengono l’integrazione del Reiki con le cure ospedaliere standard.

L’inizio
Dopo 27 anni nelle cure infermieristiche, Patricia voleva migliorare la sua professione d’infermiera e dopo aver intercettato l’annuncio di un corso di Reiki realizzato da un infermiere, si è iscritta e nel tempo è poi diventata insegnante di Reiki.
Nel 1995, l’ospedale stava affrontando problemi finanziari e la chirurgia stava cercando di capire come aumentare il numero dei pazienti diminuendo i tempi di turnover nelle sale operatorie. Patricia era infermiera responsabile di sala operatoria e vide il Reiki come uno strumento per rendere la cura più umana nonostante il grande numero di pazienti che si alternavano ogni giorno. Riuscì a far comprendere all’amministratore delegato dell’ospedale i vantaggi di introdurre il Reiki.
Le prime 2000 sessioni di Reiki (da 1 ora ciascuna) sono state offerte gratuitamente 2 volte a settimana a chiunque appartenesse alla comunità. Patricia ha iniziato con 20 reikisti da lei formati. Il passaparola si è presto diffuso e in pochi mesi, altri 20 reikisti si sono aggiunti.
Mentre stava coordinando il progetto, Patricia ha anche iniziato a promuovere il Reiki ai medici del suo staff invitandoli a ricevere trattamenti utilizzando i 14 letti dell’unità post-anestesia. Sono stati invitati i i medici di diverse discipline (ostetricia, gastroenterologia, chirurgia, neurochirurgia e neurologia) includendo anche l’amministratore delegato e il vicepresidente dell’ufficio relazioni con i pazienti. Ha invitato non solo i medici noti per il loro apprezzamento delle terapie complementari, ma anche chi non era così aperto. Tutti hanno partecipato.

Il Reiki prima degli interventi chirurgici
Il traguardo successivo arrivo nel settembre del 1997, quando il capo anestesista Robert Andelman, fornì il suo benestare all’utilizzo del Reiki nell’area pre-operatoria come un modo per ridurre lo stress e l’ansia dei pazienti. Il successo del programma dipendeva dalla capacità di addattare le sessioni di Reiki alla prassi chirurgica, che può cambiare in qualsiasi momento per una varietà di motivi. Dopo il check-in, tempo permettendo, i pazienti ricevevano Reiki gratuito per 5/10 minuti. Gli operatori Reiki notavano che anche soli 5 minuti di Reiki miglioravano lo stato di un paziente ansioso. Il Reiki riuscì a fiornire ai pazienti un tale senso di soddisfazione e sicurezza che il programma rapidamente acquisì una vita propria. I pazienti che avevano ricevuto un trattamento prima dell’intervento hanno iniziato a chiedere un altro trattamento post-operatorio. Gli infermieri chiamavano Patricia chiedendo, “ma che cos’è questo Reiki? Il mio paziente vuole un altra sessione”. Riconoscendo l’importanza di comunicare in modo semplice e chiaro, Patricia ha collaborato con l’ufficio marketing per creare una brochure che presentasse il Reiki e distribuendola in tutte le aree di cura.
L’ospedale ricevette molte lettere di ringraziamento dai pazienti tanto che fu deciso di incorporare l’opzione del trattamento Reiki nella fase di registrazione pre-operatoria del paziente. Patricia scrisse una definizione di cinque righe sul Reiki che fu inserita nello script utilizzato per le chiamate pre-operatorie.
Infermieri addestrati a Reiki in tutto l’ospedale offrivano un trattamento ai pazienti nel tempo concesso. Alla fine la domanda di sessioni superava la disponibilità del personale e Patricia divenne la coordinatrice a tempo pieno dell’ospedale per la medicina complementare. I volontari del Reiki iniziarono a offrire il servizio all’ospedale 7 giorni a settimana.
Patricia lasciò la sua posizione a tempo pieno in ospedale nel 2001 allo scopo di integrare l’infermieristica part-time con il lavoro come consulente ed educatrice. Il programma Reiki ha attraversato diverse modifiche nello staff  ma i servizi e l’organizzazione generale sono rimasti gli stessi. Sono stati creati avvisi in ogni stanza per dare una breve spiegazione del Reiki e segnalare la linea telefonica diretta per richiedere un trattamento Reiki.
Il programma Reiki al Portsmouth Regional Hospital ha funzionato talmente bene che altri ospedali della zona, come il Douglass di Dover, hanno richiesto di estenderlo alla loro realtà.

Il perchè del successo di questo progetto
Patricia è la prima a sottolineare che è partita da una posizione molto forte. Lei era l’infermiera responsabile della sala operatoria, una dipendente dell’ospedale con molti anni di esperienza nella sua specialità. Un impiegato con minore anzianità di servizio o collegato ad una disciplina meno rigorosa avrebbe potuto non essere ascoltato. L’amministartore dell’ospedale conosceva Patricia e si fidava di lei. Lei gli ha portato le sue idee e insieme hanno progettato una strategia per l’implementazione.
Patricia ha prestato molta attenzione ai dettagli. Ha presentato il Reiki con cura ed in modo credibile. Ha fornito al personale l’opportunità di sperimentare il Reiki. Ha formato il personale e i volontari in modo professionale e nel rispetto delle prassi ospedaliere. Ha creato meccanismi di supervisione e feedback. Ecco perchè il programma ha continuato a funzionare anche quando lei se n’è andata!

La presentazione del Reiki in ospedale
Al momento della presentazione del Reiki, Patricia espresse chiaramente che la sua preoccupazione primaria era il paziente, ricordando al personale medico quanto i pazienti si affidino e si abbandonino quando entrano nell’ospedale. Rinunciano ai loro vestiti, al controllo del loro cibo e dei loro contatti sociali e in sala operatoria perdono anche la loro coscienza. “Non c’è fiducia maggiore di quando un paziente si arrende a te, uno sconosciuto totale, in sala operatoria o ovunque nell’ospedale. Dobbiamo onorarli, far loro sapere che sappiamo chi sono, che sono al sicuro, e noi siamo presenti per loro“. Inoltre, in un momento in cui i pazienti possono sentirsi passivi, il Reiki offre un senso di empowerment. Scegliendo di ricevere il Reiki, i pazienti possono partecipare attivamente al loro processo di guarigione. Patricia ha presentato il Reiki come una tecnica molto dolce, non invasiva e concreta che produce risposte di rilassamento misurabile (il calo della frequenza cardiaca, il rallentamento della respirazione, il rossore periferico e la conseguente calma di un trattamento di Reiki sono concretamente osservabili). Inoltre Patricia ricordò allo staff medico che il Reiki non rappresentava uno nuovo sovraccarico di lavoro o un altro compito da compiere.
La standardizzazione di ogni aspetto dell’interazione con il paziente (sia il trattamento Reiki che la presentazione generale) è stato un elemento di successo.
Patricia progettò un protocollo di trattamento specifico per le sessioni ospedaliere che prevedeva specifiche posizioni delle mani sulla testa, tempie, spalle, ginocchia, caviglie e piedi, plesso solare e fianchi (non veniva toccata la pelle nuda e si evitavano le zone di gola, seni e addome inferiore). L’ospedale non ha mai ricevuto lamentele per un contatto fisico inappropriato.

L’addestramento degli operatori Reiki al Portsmouth Regional Hospital
L’ospedale garantisce che i pazienti abbiano la stessa qualità di interazione nei trattamenti Reiki sia con i volontari che con i professionisti. È anche necessario che l’esperienza si adatti alle esigenze mediche. L’ospedale richiede ai volontari Reiki una visita medica e la presentazione dei certificati per la formazione Reiki di secondo livello (conservati in archivio). Essi firmano anche una dichiarazione di riservatezza e la disponibilità a conformarsi agli standard di trattamento ospedaliero.  Prima di lavorare in autonomia i volontari operano in affiancamento per almeno tre volte. Tutti i volontari sono soggetti a un rinnovo annuale delle proprie competenze, come le altre specialità mediche. È richiesto loro di lavarsi le mani prima del trattamento, non fare diagnosi, interpretazioni psicologiche o qualsiasi tipo di feedback al paziente, non effettuare riti “esterni” prima, durante o dopo la sessione in modo da non far apparire il trattamento “bizzarro” a chi sta osservando o passando. Il Reiki deve essere percepito in ospedale come tocco gentile piuttosto che medicina energetica perché il tatto si adatta meglio alla mentalità dei medici.

Documentazione e feedback
Patricia comprese la necessità di documentazione per supportare il programma Reiki e per creare un ciclo di feedback vitale per monitorare la qualità del servizio. Ogni trattamento all’ospedale di Portsmouth è stato registrato. Tutti coloro che hanno ricevuto un trattamento Reiki hanno completato un sondaggio sulla soddisfazione del cliente. Nessun dettaglio del comfort del cliente è stato considerato insignificante. Un paziente aveva confessato di sentirsi a disagio perché le mani del praticante “puzzavano di calzini sporchi”. L’odore è stato rintracciato nel sapone industriale fornito dal distributore. Uno degli operatori Reiki che era anche un erborista ha miscelato salvia, cedro e oli essenziali di lavanda. Da allora i reikisti hanno iniziato a mettere una piccola goccia della soluzione sulle loro mani dopo il lavaggio e non ci furono ulteriori reclami.
Ogni trattamento Reiki in ospedale è stato documentato in due modi. I reikisti compilavano un modulo di monitoraggio per ciascun paziente, mostrando la data, l’unità, il nome del paziente, il medico, l’ora del trattamento ed eventuali commenti. Il modulo veniva dato all’infermiere per essere inserito nella cartella del paziente. C’era anche un registro nell’ufficio per tenere traccia di quante sessioni venivano fatte ogni settimana e in quale area dell’ospedale. Un’infermiera chiamava abitualmente ogni paziente chirurgico 24-48 ore dopo l’intervento chiedendo feedback anche sul Reiki. Ogni lettera inviata dai pazienti  all’amministratore delegato o al presidente del dipartimento veniva inviato all’ufficio Reiki.
Il feedback è stato incoraggiante. Nessun paziente si è lamentato di essere stato toccato in modo improprio, né è stata menzionata alcuna esperienza negativa collegata al Reiki. Le uniche lamentele provenivano da pazienti che volevano il Reiki e non riuscivano ad ottenerlo (a causa di cambiamenti nei programmi chirurgici), che avevano avuto interruzioni durante la sessione o rumori nell’ambiente.
La stragrande maggioranza dei feedback era positiva: senso di calma che i pazienti non sapevano di essere in grado di raggiungere, stupore di poter raggiungere uno stato interiore così profondo e pacifico con soli 5/10 minuti di Reiki.
Ai pazienti che richiedevano Reiki per ansia o dolore veniva chiesto di classificare il proprio disagio prima e dopo il trattamento con una scala 0-10. Nel primo trimestre del 2003, il punteggio medio di stress era 4,9 punti più basso dopo il Reiki e il punteggio medio del dolore era 3,7 punti più bassi.

L’articolo scientifico completo è consultabile cliccando qui.
Il racconto completo di Pamela Miles è consultabile cliccando qui.
L’articolo scientifico è citato da PubMed.

Consulta gli altri Studi sul Reiki.

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