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Reiki, medicina e linguaggio della scienza: occhio alle parole!

Quando parliamo di Reiki, quando cerchiamo di spiegare che cosa sia agli altri, quando ne elenchiamo i benefici, tendiamo spesso ad utilizzare termini e parole già impiegati da scienziati e medici nelle loro discipline. È fondamentale capire che, sebbene le parole siano le stesse, il significato attribuito ad esse può essere profondamente diverso. Praticanti e operatori Reiki devono esserne consapevoli in modo da evitare inutili resistenze da parte dei professionisti della medicina, degli scettici e delle persone che non hanno familiarità con il Reiki.

Ecco alcuni esempi di parole che dovremmo utilizzare con accortezza e consapevolezza:

“ENERGIA”

Ogni volta che utilizziamo frasi come “energia che riequilibra”, “canalizzare l’energia”, “sentire l’energia”, da un punto di vista strettamente scientifico, può essere fuorviante. L’energia vista con gli occhi della medicina è qualcosa di concreto e misurabile, proprio come la distanza è concreta e può essere misurata in metri, la temperatura è concreta e può essere misurata in gradi.
Quando parliamo di “energia” dal punto di vista del Reiki spesso ci riferiamo all’energia vitale comunemente nota come “Chi” in cinese e “Ki” in giapponese. Oppure intendiamo il “Rei”, l’energia cioè che costituisce tutto ciò che esiste, l’energia universale, quella che Einstein chiamò “campo unificato”. Il termine energia in italiano può esprime, quindi, concetti anche molto diversi tra di loro, tanto che abbiamo bisogno di aggettivi che precisino meglio cosa intendiamo (per esempio “energia elettrica”). Per la scienza e la medicina il termine “energia” è, quindi, troppo generico!!
Occhio quindi quando usiamo questo termine. Spieghiamo cosa intendiamo, altrimenti sarà facile essere fraintesi.
Parlare dell’energia dal punto di vista della fisica quantistica può aiutarci se ci stiamo relazionando con professioni scientifiche.

“BLOCCO”

Dal punto di vista medico, il concetto di “blocco” è molto concreto e individuabile con test diagnostici. Quando parliamo di ” blocchi” nel Reiki, stiamo parlando di disequilibrio, di qualcosa di più astratto, spesso non fisico. Tra l’altro all’interno stesso delle discipline energetiche, olistiche, del benessere sussiste una grande confusione e un utilizzo, spesso improprio, di questo termine. Avrete sicuramente sentito parlare dei “chakra bloccati e chiusi”. In realtà i centri energetici individuati dalla tradizione indiana, il cui scopo è utilizzare l’energia universale per redistribuirla attraverso i canali energetici all’intero sistema energetico umano, possono al limite funzionare in modo disequilibrato. Sono chiusi e bloccati totalmente solo quando moriamo.

“TOSSINA”

Quando si parla di “tossine” in medicina, ci si riferisce a sostanze chimiche molto specifiche. Nel Reiki questa parola viene utilizzata in modo molto più ampio. Si tratta di tutto ciò che accumuliamo nell’arco della nostra vita (sia dal punto di vista fisico che emotivo) e che va a costituire una sorta di zaino che ci portiamo sulle spalle. Tra i benefici del Reiki c’è anche il favorire l’eliminazione delle tossine intese sia in senso strettamente fisico (per esempio l’eliminazione dei residui di anestesia totale dopo un intervento chirurgico) fino ad arrivare allo scioglimento di traumi ed esperienze emotive anche antiche.

“DIAGNOSI”

I praticanti e gli operatori Reiki non fanno diagnosi! Il primo motivo è che la diagnosi è prerogativa solo delle professioni mediche. Il secondo motivo (quello essenziale) per il quale non ha senso utilizzare questo termine è perché essenzialmente non è vero!
Al praticante e all’operatore Reiki non serve fare diagnosi perché l’energia Reiki è per sua natura attirata dal disequilibrio. Va dove serve e quanta ne serve.
È proprio perché non c’è bisogno di fare diagnosi che un corso Reiki dura 12 ore mentre un aspirante agopuntore o shiatsuca spendono anni e anni nella loro formazione per imparare a fare prima la diagnosi ed utilizzare poi i punti precisi per il relativo trattamento.

“GUARIGIONE” e “GUARIRE”

Quando si realizza un trattamento Reiki a qualcuno non si opera alcuna guarigione perché siamo solo canali! L’energia non è la nostra. Se la persona ottiene dei benefici, il merito non è nostro. Se non succede nulla, non è “colpa” nostra. Punto.
Il Reiki velocizza e ottimizza il naturale processo di riequilibrio dell’organismo .
Quello che facciamo è mettere a disposizione le nostre mani ed il nostro tempo (che non è comunque poco!).
Questo ci toglie un sacco di responsabilità, intenzionalità ed aspettative.
Suggeriamo, quindi, di utilizzare il termine “auto-guarigione” perché meglio esprime l’azione del Reiki di facilitare il naturale processo di ripristino dell’equilibrio che caratterizza ogni essere vivente.

“CURA” e “CURARE”

Tenendo conto di ciò che abbiamo detto rispetto al termine “guarigione” è chiaro, quindi, che quando utilizziamo la parola “cura” intendiamo in realtà l’azione di “curare la relazione con l’altro“, il “prendersi cura di”. Specifichiamo bene, quindi, che intendiamo riferirci alla relazione, all’attenzione, al rispetto della persona, dei suoi bisogni, dei suoi tempi.
“Cura” per la scienza e la medicina ha, infatti, ben altro significato!

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