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Come funziona la nostra mente: la mappa non è il territorio

Occorre utilizzare la mente come un utile strumento anziché una trappola che ci imprigiona. Impariamo a rivolgerci ad essa con il “suo” linguaggio.

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!
da “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello

Alfred Korzybski, padre della semantica generale diceva che “la mappa non è il territorio”, un concetto poi ripreso dalla Programmazione Neuro Linguistica (PNL).

Significa che ciascuno di noi ha un modo di pensare, parlare e fare le cose completamente unico e personale. Ogni persona è portatrice di un modo di vedere la realtà completamente differente come se avessimo una nostra “mappa” che ci orienta all’interno del complesso territorio del mondo.

Ecco il motivo per cui molto spesso fraintendiamo quello che dice l’altro oppure noi stessi comunichiamo dando per scontato che l’altro capisca.

Persino parole molto usate come “lavoro” possono avere significati e sfumature completamente diversi da persona a persona.

Una mappa è una rappresentazione di un territorio.
Lo è, per esempio, una cartina geografica. Nella mappa compaiono gli elementi utili per orientarsi in un territorio sconosciuto: i nomi delle vie, le strade, i luoghi importanti (comune, chiesa, ospedale, eccetera). La mappa, quindi, rappresenta il territorio, ma non ha la ricchezza delle informazioni del territorio stesso. La mappa è in scala e se fosse in scala 1:1 sarebbe inutilizzabile. Nella nostra cartina geografica non compaiono le case, gli alberi, i gradini sul marciapiede e tutti quei generi di dettagli, peraltro sarebbero informazioni inutili in una cartina geografica. Non solo, esistono diverse tipologie di cartina (geografica, politica….). Ecco perchè“la mappa non è il territorio”.

La comunicazione non fa eccezione. La parola è una rappresentazione della realtà. Quando dico amicizia, quelle frequenze acustiche vengono reinterpretate in un concetto costruito nella mente di chi mi ascolta attraverso la “sua” mappa.

Vuoi andare a mangiare in un particolare ristorante, qualche tuo amico c’è già stato e quindi gli chiedi un parere. Alcuni diranno che è fantastico, altri magari ti consigliano di non andare e non buttare via i tuoi soldi. Eppure stiamo parlando dello stesso ristorante!

La nostra mappa personale non è la realtà stessa, ma solamente una rappresentazione filtrata e soggettiva della realtà!

L’essere umano utilizza costantemente delle mappe per muoversi nella realtà e non direttamente la realtà stessa. Quando, per esempio, una persona affronta un problema, il problema non è nella realtà stessa, ma nella mappa della persona. Quando in una mappa mancano particolari importanti, può non essere utile al suo scopo. E noi ci sentiamo inadeguati, e spesso lo siamo davvero: ci mancano risorse, abbiamo parti che sono utili in azienda o su un campo di battaglia ma disastrose in familgia, ecc…

Non esiste esperienza oggettiva quindi, ogni esperienza è soggettiva.
Il nostro cervello costruisce immagini che noi crediamo di “percepire”. È significativo, infatti, che ogni percezione conscia abbia le caratteristiche di un’immagine. Un dolore è localizzato in una parte del corpo: ha un inizio, una fine e una collocazione, e si evidenzia su uno sfondo differenziato. Queste sono le componenti elementari di un’immagine. Quando qualcuno mi pesta un piede, ciò che esperimento non è il suo pestarmi un piede, ma l’immagine che io mi faccio del suo pestarmi il piede, ricostruita sulla base di segnali neurali che raggiungono il mio cervello in un momento successivo al contatto del suo piede col mio. Reagirò a questa immagine, e in conseguenza ad essa mi potrò arrabbiare oppure no. L’esperienza del mondo esterno è sempre mediata da specifici organi di senso e da specifici canali neurali. Gli oggetti della realtà sono mie creazioni e l’esperienza che ho di essi è soggettiva, non oggettiva.

Nonostante questo pochi di noi dubitano dell’oggettività dei dati sensoriali e la nostra civiltà è profondamente basata sull’illusione che la mappa sia il territorio.

Ma allora come muoversi nella realtà?.
Come utilizzare la propria mente in modo che sia per noi un utile strumento, un alleato, anziché una trappola che ci imprigiona?

Occorre imparare a rivolgersi ad essa con il “suo” linguaggio in modo che ci ubbidisca!

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